Quando sento i miei genitori parlare in dialetto penso che loro non hanno bisogno di cercare la parola giusta, non hanno bisogno di preoccuparsi della costruzione della frase, parlano in modo del tutto spontaneo.
Quando io parlo in italiano cerco di esprimermi in modo fluido, impostando correttamente la frase, trovando la parola adeguata. Ma i miei genitori no. A loro viene tutto in modo automatico e spontaneo.
Mi chiedo, cosa significa ciò? Credo che significhi che il dialetto sia per loro uno strumento di comunicazione che fa tutt'uno con il loro essere in sé e nel mondo. Anzi, forse è proprio il dialetto che fa del loro essere in sé allo stesso tempo un essere nel mondo. Per me invece l'italiano è come una cassetta degli attrezzi in cui trovare quello migliore per esprimermi in modo corretto. Quindi non c'è immediatamente identificazione tra la lingua che parlo, l'italiano, e la mia cultura, la mia persona, il mio essere in sé e nel mondo. E' un problema?
Secondo me lo è se in questa cassetta degli attrezzi peschiamo a caso o in modo superficale e poco adeguato. Quando parliamo dobbiamo essere bravi ad usare le parole che esprimono bene il nostro pensiero e il nostro modo di essere, di pensare, di vivere. Solo così possiamo fare in modo che la nostra lingua ci rappresenti, cioè rappresenti noi stessi, la nostra persona, anche se non immediatamente come nel caso dei miei genitori con il dialetto. Altrimenti il nostro parlare risulta vacuo, superficiale, e noi siamo sempre più alienati da noi stessi prima ancora che dal contesto esterno e dagli altri.
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1 commento:
Forse oltre al dialetto ed all'italiano serve conoscere altre lingue per comunicare con la maggior parte delle persone.
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