mercoledì 5 dicembre 2007

Spazi pubblici attrezzati.

Sedici anni fa lo chiamavamo centro sociale ed io scrissi anche un volantino dove chiedevamo a gran voce la sua realizzazione. Oggi abbiamo preferito l’espressione spazi pubblici. Ed è giusto così. Centro sociale può dare adito all’idea che la socializzazione sia una “cosa” da fare in un posto ben preciso. Io invece credo che ovunque si debba socializzare. Immagino non solo centri sociali, ma anche periferie sociali, una scuola sociale, una chiesa sociale, la famiglia sociale, ed anche il bar, la piazza, lo stadio sono “centri sociali”. Perché no, pure la fila alla posta è un momento di socializzazione. Ogni volta che noi interagiamo con gli altri (con i professori, il prete, i genitori, gli amici ecc.) bisogna vivere tale interazione come un momento di socializzazione. Poi è importante far crescere in noi la componente individuale che deve sempre rimanere viva. Cioè l’individuo cresce nella socializzazione, gode della socializzazione senza però mai annullare la propria individualità.
Quindi non mi piace l’idea di centro sociale come luogo specificamente adibito alla socializzazione o alla socialità, che dir si voglia, quasi a voler sostenere che al di fuori di esso è la componente individuale a prevalere. Meglio l’espressione spazi pubblici, ed aggiungerei l’attributo “attrezzati”. Spazi pubblici attrezzati. Nell’interagire tra di noi, abbiamo bisogno di condividere interessi, passioni, argomenti su cui discutere. Avere un posto, ad esempio, dove ascoltare e poter fare musica permette appunto di condividere interessi, passioni ed argomenti su cui discutere. Ed è questo il motivo per cui ci devono esserci questi spazi. Non mi piace l’idea che bisogna mettere su questi posti per combattere il disagio giovanile o la noia. Voler stare insieme per condividere interessi, passioni ed argomenti su cui discutere è forse una delle cose più belle della vita. E’ la gioia in sé del voler stare insieme che ci deve far sentire l’esigenza di incontrarci. E’ molto triste pensare di voler fare una cosa per combatterne un’altra, come voler stare insieme per combattere la noia. E’ molto più bello, a parer mio, voler fare una cosa per la bellezza in sé di quello che si sta facendo. E’ bello voler stare insieme semplicemente perché è bello stare insieme. Poi se il disagio giovanile diminuisce bisogna considerarlo come una conseguenza. Inoltre, sono abbastanza convinto che i vari “disagi”, e quindi non solo quello giovanile, abbiano più facilità di germogliare proprio lì dove è presente una mentalità piuttosto deprimente che vuole che noi facciamo le cose per tappare dei buchi, per risolvere problemi, appunto per combattere qualcos’altro. Va bene pensarla in questo modo se dobbiamo fare delle cose necessarie. Potrei ritrovarmi a fare un lavoro che non mi piace ma farlo lo stesso perché ho bisogno di soldi per vivere. Ma pensare che dovrei voler sentire l’esigenza di stare insieme perché altrimenti starei tutto il tempo in un bar a bere birra, mi deprime come idea. Ripeto, voler stare insieme per condividere passioni, interessi e argomenti su cui discutere, è una cosa bellissima in sé, una delle cose più belle della vita.
Infine vorrei porre l’accento su un elemento affettivo. Ci si lamenta che i giovani tendono sempre di più ad abbandonare il paese per cercare prospettive altrove. La causa dell’emigrazione è da imputare soprattutto alle possibilità lavorative che nel nostro paese sono sempre più scarse. Ma a parer mio tutto ciò avviene anche perché per voler rimanere in un posto, noi dobbiamo sentire che quel posto ci appartiene. “Riempiendo” il nostro paese di “motivazioni” da dare ai più giovani per amarlo, i più giovani sentiranno sempre di più di dare il loro contributo affinché ci si metta attorno ad un tavolo e si cerchino di individuare le strade lavorative che permettano di avere una possibilità concreta per restare.

martedì 16 ottobre 2007

La scuola, secondo me

Questa è la mia ricetta per migliorare la scuola.

Obiettivo.
Mi porrei come obiettivo che i ragazzi finite le scuole superiori sapessero almeno le nozioni di storia, di geografia, di matematica, di letteratura ecc. che attualmente s'imparano nelle scuole medie inferiori. Considerando la dilagante ignoranza degli studenti (sia di quelli bravi che degli asini), la scuola sta fallendo nel raggiungimento dell'obiettivo primario di trasmissione della conoscenza. E per giustificare questo totale fallimento la scuola ha escogitato di ricorrere al concetto della "forma mentis". Cioè non è importante sapere ma è importante essersi formati una forma mentis, avere acquisito il metodo. Che idiozia! Si va a scuola per 13 anni, si dedicano alla scuola (compresi i compiti) decine di migliaia di ore, per formarsi la forma mentis? O per aver acquisito un metodo? (anche giocando a scacchi o facendo i cruciverba si acquisisce un meotodo). La verità è che se si finiscono gli studi superiori senza nemmeno sapere le cose che s'imparano alle scuole medie inferiori, per quanto mi riguarda la scuola non può essere considerata una cosa seria ma una colossale pagliacciata purtroppo utile solo per poter fare l'università (e lasciamo stare il discorso università) o per avere un diploma riconosciuto sulla carta spendibile nel mondo del lavoro.

Cosa s'impara oggi dopo 13 anni di scuola? A scrivere (il minimo ovviamente, la maggior parte delle persone fa errori imbarazzanti), leggere (pratica utilizzata essenzialmente per i menù dei ristoranti, per le etichette degli ascensori quando lo si prende in compagnia, per i titoli dei giornali e per gli articoli di gossip). Qualcuno impara un po' di matematica, di ragioneria (insomma un po' di linguaggi tecnici). Ma solo una minoranza di studenti impara i linguaggi tecnici ed infatti sono talmente rari che spesso sono chiamati geni. Qualcun altro impara a giocare con le versioni di latino e greco per acquisire il famoso metodo. Infine un po' tutti acquisiscono una serie di nozioni (direi più che altro di sensazioni) sparse e vaghe. Pardon, si acquisisce anche la forma mentis. Chi avesse acquisito veramente la forma mentis si considererebbe una merda di persona per il fatto che dopo 13 anni di scuola, dopo 13 anni di studio, rimane in sostanza un emerito ignorante.

Quindi cosa farei:

1. ridurrei drasticamente le ore di scuola. Se proprio bisogna andare tutte quelle ore a scuola per far stare insieme tra di loro i ragazzi e per dar da mangiare ai professori, allora aumenterei le passeggiate, le gite, i giochi, i laboratori, la visione di film, ecc. ecc.
2. farei studiare storia, geografia, letteratura ecc. dalle scuole superiori verso i 15-16 anni con i libri che oggi si usano per le scuole medie inferiori.
3. fino a 15-16 anni insegnerei solo cose tecniche come scrivere, leggere, la grammatica, la matematica, le lingue. Insegnerei queste cose fino a quando le imparano veramente. Come scritto al punto 2, non insegnerei quelle materie ma dedicherei tanto tempo per trasmettere l'esigenza di sapere la storia o la geografia e così via. Anche se sono sicuro che se la scuola non massacrasse i ragazzi sin da quando hanno 8 anni, tutti avrebbero l'interesse nei confroni della storia o della geografia. Come si fa a non essere interessati a sapere come si vive in Giappone o che si faceva 500 anni fa? E se non lo si è non ci dovrebbe volere molto a suscitare questo interesse. Invece la scuola massacra qualunque interesse invece di suscitarlo.
4. ridurrei drasticamente i compiti per lasciare i ragazzi più liberi di instaurare rapporti nella comunità in cui vivono senza lo stress dei compiti.
5. rispetterei il diritto al riposo del week-end eliminando i compiti il sabato e la domenica.

Conclusioni.
Studiare la storia, la geografia, la letteratua, l'arte, la filosofia, voler imparare a conoscere gli strumenti con cui i ragionieri predispongono i bilanci o le fabbriche producono pezzi, sono cose talmente belle ed entusiasmanti che spero davvero che un mio futuro figlio sarà quel pochino sensibile ed intelligente da dovermi evitare di usare la terribile espressione: prima fai i compiti e poi fai quello che ti pare. (mi piangerebbe il cuore impedirgli di fargli fare quello che gli pare) La verità è che spesso genitori ed insegnanti sono i primi a cui non gliene frega niente della storia, della geografia, della letteratura ecc. e quindi viene loro difficile convincere un ragazzo (che in genere è pieno di vita) a studiare solo perché un giorno potrà avere un titolo. Se un insegnante invece ama la sua materia, è felice di sapere le cose che sa e quindi difficilmente un ragazzo rimane insensibile, perché il ragazzo vede che la persona di fronte a lui sta bene e quindi anche lui vorrebbe stare bene.

mercoledì 10 ottobre 2007

Il piacere di essere informati

Aumentare gli spazi di informazione e di conoscenza è uno degli obiettivi fondamentali che ci proponiamo di raggiungere con il Tarlo. Siamo convinti che l'informazione sia uno strumento fondamentale per colmare il divario tra le nostre coscienze e la realtà. Solo colmando questo divario le nostre coscienze possono uscire dalla vaghezza e difendersi dalla propaganda.

Provo a spiegare il pensiero appena enunciato in modo più diretto.

Ritengo sia molto triste vedere telegiornali o leggere i giornali, e venire impallinati da tante notizie perché non si ha un background culturale (che si forma anche sulla base delle informazioni, della conoscenza dei fatti) sufficiente a far sì che quelle notizie siano filtrate dalla nostra coscienza.

Ed infatti, a parer mio ancor più importante dell'obiettivo di fare informazione, è quello di stimolare l'esigenza, il desiderio, il piacere di essere informati. Più siamo informati e meno veniamo impallinati dai media, dalle chiacchiere da bar, dall'amico che ne sa sempre di più. A furia di venire impallinati si rischia anche di rincoglionirsi.

Inoltre bisogna sapere che l'essere umano si trova a proprio agio con se stesso e con gli altri nel momento in cui riesce a parlare delle cose con cognizione di causa, cioè è appagato perché parla di qualcosa che conosce.

Perché alle persone piace parlare di calcio o di soap opere o di reality? Perché sono informate, perché sentono di poterne parlare con cognizione di causa.

Quindi se c'informassimo anche sulle vicende di politica interna e politica estera, su come e perché a livello locale si prendono certe decisioni, sul perché si fanno le manovre finanziarie o sul perché la borsa scende e sale, col passar del tempo ci sentiremmo da un punto di vista sociale più consapevoli e da un punto di vista umano meno rincoglioniti e più appagati, cioè più sereni e direi addirittura più felici.

Venerdì 12 ottobre in Piazza Castello alle 18.00 il Tarlo organizza un pubblico dibattito sulla questione nuove autorizzazioni per ricerca ed estrazioni petrolifere in Basilicata.

http://iltarlo.wordpress.com/

mercoledì 3 ottobre 2007

In famiglia siamo pochi

( riporto su Diario Venosino questo post "politico" che ho proposto un po' di tempo fa sul mio blog eyeswideopen.splinder.com )

Questa volta ha vinto Tiziano. I Baustelle hanno effettivamente un debito nei confronti dei Virginiana Miller. Soffro quando devo ammettere di avere torto, però mentre ascoltavo un brano dei Virginiana Miller ho pensato che fosse un pezzo dei Baustelle che non conoscevo, quindi direi che trattasi di prova inconfutabile.
Continuo a pensare a chi ha ragione e a chi ha torto, a chi vince e a chi perde, e nel frattempo prendo il tagliando dal distributore del casello autostradale, ingrano la marcia e mi viene in mente che sin da quando ero ragazzino mi sarebbe piaciuto vincere le elezioni del paese (con la p minuscola) e fare l’assessore alla cultura. In effetti, se mi candidassi vincerei sicuramente perché non c’è nessun motivo per cui le persone non dovrebbero votarmi. Tanto per cominciare in famiglia siamo pochi e quei pochi lavoriamo tutti, quindi non avrei nessuno da sistemare. Poi in paese non mi conosce nessuno e quindi nessuno mi chiederebbe favori. E anch’io non conosco nessuno e quindi non avrei nessuno a cui fare favori. Inoltre eviterei che attorno mi si formasse un branco di seguaci-lecchini, primo perché non mi piacerebbe fare il capo-branco, secondo perché capo-branco e branco saremmo costretti ad esibirci in piazza formando i consueti capannelli e la cosa a me risulterebbe alquanto anti-estetica. Insomma, perché non dovrei essere votato visto che con un bel team, farei respirare aria di arte e di cultura anche nei cessi pubblici?
Troppo forte il brano dei Tre allegri ragazzi morti, ma lo devo interrompere perché ho bisogno di una sosta. I miei amici mi hanno detto che la devo smettere di comprare Cd musicali negli Autogrill, ma che ci posso fare, non è colpa mia se gli uomini del marketing prendono me come prototipo del consumatore deficiente. Scccc. L’ho beccata. E’ la terza ragazza oggi che mi guarda, secondo me, con un certo interesse (al posto di certo metterei minimo). La prima alla fermata dell’autobus, la seconda in libreria. Ed ora la terza. In realtà la tipa della libreria ha ricambiato un mio sguardo furtivo. Ma io lo so che in libreria sono forte. Il pallore del viso e lo sguardo acuto rivelano subito la mia natura intellettuale. Se fossimo stati in un film italiano, dopo uno scambio di sguardi furtivi, ci sarebbe stato uno stacco e quindi a letto insieme. Siccome a me i film italiani non piacciono, lo stacco c’è, ma mi ritrovo solo in macchina con un altro CD però. Non l’ho comprato in Autogrill, maligni, si tratta forse dell’album più bello di sempre: Velvet Underground & Nico. Mentre lo ascolto mi riviene in mente la storia dell’assessorato alla cultura. Quando vogliamo organizzare qualche iniziativa culturale, io e i miei amici ci poniamo sempre il problema che dovremmo chiedere i soldi al comune. Se fossi invece già al comune in qualità di assessore, i soldi a chi li chiederei? Certo non ai cittadini perché mi sembra paradossale, per non dire surreale, che quando sono cittadino li chiedo al comune e quando sono al comune li chiedo ai cittadini. Potrei chiederli al Ministero, e il Ministero a chi li chiede? All’Unione Europea? E l’Unione Europea agli Stati Uniti? Secondo me Berlusconi odia Bush perché pensa tra sé e sé, "questo vale diecimila volte meno di me e fa il presidente degli Stati Uniti. Io che valgo diecimila volte più di lui non posso fare nemmeno il Presidente in Italia per colpa di coglioni come questo che sta scrivendo in questo ridicolo blog".
Dopo i Velvet Underground a tenermi compagnia è il fantastico London Calling dei Clash. E’ incredibile l’energia che ti trasmettono queste canzoni, è incredibile come il piede sull’acceleratore va per conto suo, è incredibile il culo che mi fa la polizia se mi ferma. No, non devo preoccuparmi, perché c’è un patto universale appena inventato da me, tra gli automobilisti e i poliziotti, secondo il quale ascoltando i Clash si può superare il limite di velocità di una decina di chilometri orari.
Insomma io mi ci vedrei bene al Comune a proporre iniziative e vedermele bocciate per mancanza di fondi: è una bella iniziativa ma non si può fare. Un po’ come è intelligente ma non si applica. E allora proporrei iniziative più economiche proprio come quella di vietare a professori e maestri l’espressione: è intelligente ma non si applica. Con tanto di miglioramento della qualità della vita.
Casello, un altro breve pezzo di strada questa volta con la musica di Leonard Cohen. (Leo, lo sai vero, che Dance me to the end of love me la devi cantare almeno due volte? ). Bagagli in camera. Scrivo questo post prima che me lo dimentico e mi metto sereno a letto. La dieta e la vita mi stanno facendo bene. Sono felice. E siccome non bisogna mai dare per scontato di essere felici, sono anche felice di essere felice.

domenica 30 settembre 2007

FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO ED IMPEGNO POLITICO-SOCIALE

Sono più di dieci anni che la filosofia del linguaggio è entrata a far parte dei miei pensieri. Tutto è cominciato seguendo all’Università corsi di Estetica e Filosofia del linguaggio in cui si parlava di Wittgenstein. Lo studio delle opere del filosofo austriaco e l’interpretazione dei suoi pensieri sono stati alla base delle mie riflessioni in questi dieci anni. Da alcuni mesi però ho ampliato le mie conoscenze perché affascinato dalla figura del più grande intellettuale vivente: Noam Chomsky.
Ho sempre considerato le mie riflessioni sulla filosofia del linguaggio come la base da cui partire per fondare le mie analisi sulla società. Mi sono quindi avvicinato alla figura di Chomsky come se fosse un personaggio mitico perché lui è un intellettuale profondamente impegnato nella società e credo sia insieme a Wittgenstein il più importante filosofo del linguaggio del secolo scorso. Però, nonostante Chomsky attacchi molto i media e il modo propagandistico in cui le “democrazie” occidentali (in primis quella americana) costruiscono il consenso anche, se non soprattutto, attraverso il linguaggio, le sue teorie di filosofia del linguaggio sono abbastanza distinte dalle sue analisi e critiche della e sulla società.
La mia ricerca è quindi diversa, in quanto le analisi (meglio, le modalità con cui conduco delle analisi) sulla società che mi circonda derivano dalle mie teorie di filosofia del linguaggio. Teorie che non ho ancora ultimato e che vorrei in uno o due anni far confluire in un saggio. Non ho cominciato a scrivere questo saggio un po’ perché ho bisogno di mettere a punto alcune riflessioni, un po’ perché non ho bene in mente lo stile con cui scriverlo.
Comunque, in estrema sintesi, il fulcro delle mie teorie sta nel fatto che, a mio avviso, le parole acquisiscono significato grazie ad un processo induttivo e che per esigenze pratiche una volta “indotte” l’essere umano le usa in modo deduttivo, cioè l’uomo per esigenze pratiche dimentica la natura induttiva con cui ha creato le parole e le usa in modo deduttivo (illudendosi quindi che le parole abbiano un significato a priori ben delineato) applicandole a contesti più o meno ampi.
I processi innati che sono dietro la facoltà del linguaggio (per usare una terminologia chomskiana) sono a mio avviso da vedersi nella capacità, appunto innata, dell’uomo di individuare proprietà comuni tra le cose, tra i concetti, tra le idee. Come si forma il concetto di colore? L’uomo ha la capacità di individuare delle proprietà comuni tra le mele che ho qui davanti, a cui dà il nome rosso. Questa capacità è innata e per Wittgenstein deve essere stimolata dall’esterno tramite l’addestramento. Per Chomsky invece (se interpreto correttamente il suo pensiero) l’individuazione della proprietà comune a cui diamo il nome rosso, può venire anche da sé senza alcun addestramento dall’esterno.
In alcuni casi verrebbe da dar ragione a Chomsky. Abbiamo parlato del colore rosso, ma cosa dire del concetto “mela”? L’uomo ha la capacità di individuare proprietà comuni a cui sente l’esigenza di dare un unico nome, ad esempio mela. Addirittura ha la capacità di individuare proprietà comuni in modo ancora più ampio. La mela è un oggetto, una cosa. L’uomo ha quindi la capacità di individuare proprietà comuni ancora più ampie a cui dà il nome di “oggetto” o “cosa”. Per le mie teorie il modo in cui si arriva a formulare nomi sostantivati o aggettivi è lo stesso. Il modo in cui arriviamo a definire l’etichetta “mela” o l’etichetta “rosso” è lo stesso.
Quindi il linguaggio nasce dalle capacità innate dell’uomo di individuare proprietà comuni nella realtà. Il grassetto serve ad evidenziare che, a mio avviso, il linguaggio nasce da un’interazione soggetto-realtà. Il processo che porta dalle proprietà comuni ai nomi lo definisco procedimento induttivo.
Una volta indotto il nome “rosso”, l’etichetta “rosso”, l’uomo deduce da quel nome tutta un’altra serie di “rossi”. E si chiede: questa mela che ho qui davanti la posso definire “rossa” o “arancione”? Qui nasce l’illusione. La deduzione, cioè questo passaggio dal nome generale alla realtà particolare è un’illusione. Siamo noi che decidiamo se quella mela arancione rientra nelle proprietà che individuiamo come comuni a cui abbiamo dato il nome di “rosso”.
Il fatto che scientificamente si sia trovata una legge sottostante al colore “rosso” non significa proprio nulla. Quella legge è solo un metodo per individuare le proprietà comuni a cui diamo il nome “rosso”.
L’illusione del procedimento deduttivo è ciò che crea le più grandi polemiche anche a livello di analisi politico-sociali e di vita politico-sociale.
Perché non si sa più cos’è la destra o la sinistra?
Semplicemente perché nella Storia si sono individuate proprietà comuni a cui si è dato il nome di Sinistra o di Destra. Oggi siamo al procedimento deduttivo. Cioè si ha la sensazione o l’idea ben precisa, che le idee e/o le azioni dei partiti di sinistra o di destra non abbiano quelle proprietà comuni a cui abbiamo dato il nome di destra o sinistra. Il punto è che queste parole sono state indotte da processi storici e che non bisogna fissarsi sulle parole per pescare negli attuali processi storici. E’ necessari invece partire sempre dai processi storici attuali, ovviamente con il bagaglio di quelle proprietà comuni che abbiamo individuato nel passato e a cui abbiamo dato i nomi di destra e sinistra, ma non dobbiamo fissarci su quel bagaglio altrimenti rischiamo sempre di non capire e non interpretare la realtà, e di farci poi schiacciare dalla realtà che intanto va per conto suo.
Torniamo alla realtà. Cerchiamo di capire da dove nascono le ragione degli uni o degli altri. Cerchiamo di capire quanto queste ragioni apparentemente diverse tra di loro in realtà hanno delle connessioni. Cerchiamo di capire quali sono le parole indotte che si usano nel linguaggio quotidiano e sulla base delle quali le persone guardano al mondo, sulla base delle quali vivono.
In Italia spesso le polemiche dei politici sono più sulle parole, sulle etichette, su come dedurle , cioè su come applicarle alla realtà, e non sui contenuti, cioè non sulle parole prodotte, indotte da questa realtà che ovviamente affonda le sue radici nel passato. Anche chi fa delle analisi, anche gli intellettuali devono incidere sulla realtà sulla base di “nuove” parole indotte. Ho virgolettato “nuove” perché non voglio intendere nuove di zecca . In alcuni casi potrei individuare proprietà comuni diverse e quindi parole effettivamente nuove, in altri casi potrei avere solo parole rinnovate.
Ripeto, torniamo alla realtà, al presente, ai nostri processi storici. E spero si sia anche capito che ciò non signifcia assolutizzare, isolare il presente. Ed anche se lo volessi fare non ci riuscirei. Nessuno può decidere di isolare, assolutizzare il presente. Il presente è anche passato, ma questo è ovvio.

lunedì 24 settembre 2007

Manifesti

Peccato, ieri l'altro ho perso un'occasione.
Ero giù di morale e così non ho assistito alla manifestazione del Comitato Pro Ospedale e non ho ascoltato il comizio. Mi piacerebbe avere maggiori informazioni su questo problema. Recupererò.

In Piazza Castello invece c'era la festa della Rinascita, cioè dei Comunisti Italiani. Ho ascoltato solo i primi interventi. Puntuale e pulito quello di Enzo Briscese. Per il resto non mi è piaciuto molto il modo di porre problemi e spunti di riflessione. Il linguaggio usato è troppo autoreferenziale e piuttosto retorico.

I politici devono utilizzare un linguaggio diverso. Non dico che debba essere per forza più semplice ma diverso. Un linguaggio che faccia sentire che dietro le parole c'è un pensiero "vivo", c'è un'anima. Si deve respirare aria di vita in quello che si ascolta.

Penso anche al linguaggio dei manifesti. E' proprio necessario essere sempre così "terra terra" con il rischio poi dire cose grossolane?

Su un manifesto del Comitato Pro Ospedale è scritto: BASTA CON LE FALSE PROMESSE MAI MANTENUTE.

Qualcuno mi può spiegare come si fanno a mentenere le FALSE promesse? O si scrive "basta con le false promesse" o si scrive "basta con le promesse mai mantenute". Ma come si fanno a mantenere delle promesse che sono false?

Oppure ho letto: NOI CITTADINI DELL'AREA SANITARIA

Che significa quest'espressione? Area sanitaria de che? Ma forse su questo sono ignorante io. Secondo me era sufficiente scrivere "noi cittadini" e basta.

Anche il manifesto dei Comunisti Italiani non mi è piaciuto: PENSIONI, NON VA!
Che modo di esprimersi è questo? Mi sembra di sentire un commento calcistico di Piccinini ad un tiro calciato fuori.
Come dice Nanni Moretti in Palombella Rossa: "Ma come parla? Le parole sono importanti ".

La prossima volta spero di essere meno triste per quindi partecipare alle pubbliche iniziative, ascoltare un po' di più e potermi concentrare anche sui contenuti.

mercoledì 19 settembre 2007

Dialetto ed italiano

Quando sento i miei genitori parlare in dialetto penso che loro non hanno bisogno di cercare la parola giusta, non hanno bisogno di preoccuparsi della costruzione della frase, parlano in modo del tutto spontaneo.

Quando io parlo in italiano cerco di esprimermi in modo fluido, impostando correttamente la frase, trovando la parola adeguata. Ma i miei genitori no. A loro viene tutto in modo automatico e spontaneo.

Mi chiedo, cosa significa ciò? Credo che significhi che il dialetto sia per loro uno strumento di comunicazione che fa tutt'uno con il loro essere in sé e nel mondo. Anzi, forse è proprio il dialetto che fa del loro essere in sé allo stesso tempo un essere nel mondo. Per me invece l'italiano è come una cassetta degli attrezzi in cui trovare quello migliore per esprimermi in modo corretto. Quindi non c'è immediatamente identificazione tra la lingua che parlo, l'italiano, e la mia cultura, la mia persona, il mio essere in sé e nel mondo. E' un problema?

Secondo me lo è se in questa cassetta degli attrezzi peschiamo a caso o in modo superficale e poco adeguato. Quando parliamo dobbiamo essere bravi ad usare le parole che esprimono bene il nostro pensiero e il nostro modo di essere, di pensare, di vivere. Solo così possiamo fare in modo che la nostra lingua ci rappresenti, cioè rappresenti noi stessi, la nostra persona, anche se non immediatamente come nel caso dei miei genitori con il dialetto. Altrimenti il nostro parlare risulta vacuo, superficiale, e noi siamo sempre più alienati da noi stessi prima ancora che dal contesto esterno e dagli altri.

lunedì 17 settembre 2007

Come si giudica l'operato di una Giunta Comunale?

(E' una domanda valida anche a livello di politica nazionale.)

Come si giudica una Giunta Comunale?

Io non so niente di politica venosina perché non me ne sono mai interessato. Non fatemi trovare giustificazioni (grande problema culturale degli italiani è quello di voler giustificare sempre ogni propria azione o comportamento). Non me ne sono mai interessato. Punto.

Ma da qualche giorno frequento il blog http://www.ca-gi.it/ in cui si parla molto di politica venosina e mi sembra di capire che c'è molto malcontento sull'operato della Giunta attuale. Mi chiedo, perchè?

Non hanno rispettato il programma elettorale? (dove posso trovare una copia?)
Non hanno mantenuto le promesse? (ma le promesse non sono scritte in un programma elettorale? ripeto, dove posso trovare una copia?)

Oppure sul programma erano definite cose in modo troppo generale ed allora si sono create delle aspettative poi disattese?

Oppure gli elettori immaginavano che avrebbero realizzato delle cose (anche se non sono state mai scritte da nessuna parte) che poi non sono state fatte?

Oppure si critica la condotta morale?

Oppure sono state fatte cose che si sono ritenute negative?

Un'affermazione che non ho mai ben visto è la seguente: "Non hanno fatto niente".

Non mi piace. Mi piacerebbe sentire: "Non hanno fatto niente di quello che hanno detto o promesso".

A questo punto io continuerei a chiedere dove sono scritte le cose dette o promesse. Se non in un programma elettorale pre-elezioni, si trovano forse in un programma post-elettorale.
insomma prima di valutare le cose fatte, un cittadino dovrebbe essere in grado di poter valutare le cose dette o promesse. E quindi confrontare le cose fatte con quelle dette o promesse.


PS: un'altra domanda che mi pongo è questa: come si fa a valutare se un paese come Venosa sta meglio rispetto agli anni precedenti in termini sociali, economici, culturali, ambientali, sanitari, occupazionali, ecc.? con dati obiettivi? (attenzione però, non voglio sostituire l'analisi "qualitativa" con i numeri. mi riferisco a dati di supporto ad un'analisi di tipo sociologico, economico, culturale, politico)

sabato 15 settembre 2007

LA TELEVISIZZAZIONE DELLE PIAZZE: ATTO CONCLUSIVO

Con gli interventi precedenti ho voluto spiegare perché secondo me la TV non si rivolge alle coscienze dei tele-spettatori in modo costruttivo (cioè prevedendone un’interazione proiettata alla crescita). In realtà la televisione si rivolge sì alle coscienze ma solo per modificarle o per assecondarle senza che le coscienze “se ne accorgano”, cioè senza alcuna mediazione da parte della coscienza del tele-spettatore. In che modo la televisione potrebbe creare un rapporto di interazione proiettato alla crescita, all’arricchimento, allo sviluppo delle coscienze dei tele-spettatori (ammesso cha sia possibile) ne vorrei parlare in seguito o altrove. Adesso vorrei invece ritornare sul discorso della televisizzazione delle piazze.
Se trasformassimo le nostre piazze in format televisivi le nostre coscienze verrebbero ulteriormente annacquate. Riprendiamo il caso di Corona nella nostra Venosa.
Io sono piuttosto convinto che molte persone che hanno firmato per non volere Corona sul palco, seguono invece le vicende Corona in programmi televisivi sconcertanti quali quello di Cucuzza o Studio Aperto (che ovviamente non è un TG, ma lo do come dato scontato anche perché sarebbe banale disquisire su questo). Quindi più o meno consapevolmente queste persone accettano che Corona possa essere un personaggio televisivo. Cioè accettano che lui possa salire sul “palco della televisione”. Quindi perché non volerlo sul palco della nostra piazza? Perché, risponderebbero , Corona non sa far niente in termini artistici, è indagato (motivo che noi del Tarlo non condividevamo. Noi del Tarlo contestavamo il fatto che lui avrebbe, così come ha fatto, spettacolarizzato le sue vicende giudiziarie e attaccato la magistratura) e rappresenta un cattivo esempio morale. Molte di queste persone (è una mia supposizione) mentre vedono la televisione pensano le stesse cose ma continuano a guardarla perché c’è una parte della loro coscienza (che non è l’inconscio ma si tratta proprio di coscienza) che è interessata a quelle vicende.
Nel firmare la petizione in queste persone è prevalsa la parte della coscienza che vede male certi personaggi , su quella che invece è interessata a queste vicende. Il mio timore è che nel riproporre queste iniziative la parte della coscienza delle persone interessata a queste vicende potrebbe prevalere sull’altra. Ed è questo che io definisco un imbarbarimento culturale da combattere. Inoltre, il rapporto tra piazza televisivizzata e spettatori diventerebbe come quello che c’è tra TV e tele-spettatori, cioè un rapporto orientato solo alla modifica o all’assecondamento delle coscienze e mai allo sviluppo, alla crescita, all’arricchimento delle stesse. Pensate a comizi elettorali o a campagne elettorali sempre più televisivizzati. Corona sul palco ci ha dato un assaggio di un comizio elettorale televisivizzato (pensate che è riuscito a strappare applausi sul tema ospedale quando doveva essere evidente a tutti che al massimo gliene aveva parlato Duino cinque minuti prima che lui salisse sul palco e che lui quindi non poteva conoscere le problematiche dell’ospedale. Di conseguenza la gente si sarebbe dovuta sentire offesa per il fatto che Corona usasse in modo spudoratamente demagogico un tema invece a noi molto caro). E pensate anche al fatto che la gente vorrebbe poi sempre più personaggi televisivi e format televisivi e sempre meno esibizioni di contenuto diversi.
No, no, questa battaglia non può terminare. Ragazzi teniamo alta la guardia.

venerdì 14 settembre 2007

La televisizzazione delle piazze: TV, coscienza critica e l'ANNACQUAMENTO DI MASSA

Riprendo il discorso avviato nei giorni scorsi.

Una coscienza critica si sviluppa solo con la riflessione, con i dubbi, con le incomprensioni (nel senso cognitivo del termine). Paradossalmente uno studente che capisce tutto subito non sta sviluppando una propria coscienza critica.

La televisione ha evidentemente la possibilità di cambiare le coscienze delle persone ma senza passare per le fasi della riflessione, del dubbio, dell'incomprensione. In TV tutto è chiaro. Metafora assoluta è Porta a porta con i suoi ospiti. I titoli del programma sono chiari (ENORMI). Lo schermo su cui danno i filmati o su cui si vedono gli ospiti in collegamento, è chiaro (GIGANTESCO). Le luci sono chiare (A PALLA). Le poltrone sono chiare. L'ingresso in scena degli ospiti è chiaro (si suona un campanello, si apre una porta e si entra). Il clamore con cui comincia il programma è chiaro (LA MUSICA DI VIA COL VENTO). Se si parla del Caso cogne tutto deve essere chiaro: stessi ospiti, stessi argomenti, stessi ritmi.

L'unica cosa che non mi è chiara è il titolo. E' forse una minaccia: verremo a rompervi le scatole casa per casa?

Cosa hanno assimilato le nostre coscienze dopo anni di programmazione di Porta a Porta sul Caso Cogne? Cosa abbiamo imparato? In che modo le nostre idee sulla società si sono arricchite? Niente di niente. Il Caso Cogne è diventato puro spettacolo 5 minuti dopo l'accaduto.

Ripeto, anche programmi come Report non sviluppano una coscienza critica, ma la danno come pre-condizione con cui si guarda l'inchiesta proposta. Lo stesso fanno i politici in TV. Non sono interessati allo sviluppo di una coscienza critica ma solo al modo in cui "montare" i propri discorsi sulla base della coscienza critica così come già presente nella società (in realtà non so quanto siano critiche le nostre attuali coscienze). Non la sviluppa nemmeno Beppe Grillo. Dieci-quindici anni fa sì, perchè Grillo proponeva nelle sue denunce un modo critico con cui porsi nei confronti della realtà, ma oggi no (ed è per questo che i libri di Grillo si trovano bonariamente negli Autogrill). E di certo non la sviluppano programmi "cuturali" come quelli di Piero Angela.

Tutto ciò lo definirei ANNACQUAMENTO DI MASSA.

Sviluppare una coscienza critica significa dare strumenti al tele-spettatore per arricchire il proprio modo con cui guarda alla realtà (attenzione, guardare alla realtà, che non è un semplice guardare la realtà) e quindi anche alla televisione stessa.

Continuo nei prossimi giorni.

mercoledì 12 settembre 2007

La Lucania sempre più terra di cinema. E Venosa?

(riprenderò il discorso sulla televisizzazione delle piazze che mi sta molto a cuore perché voglio continuare a combattere con tutte le mie forze ed energie mentali affinché non si ripetano mai più a Venosa eventi spiacevoli ed offensivi per il nostro paese come quello dell'iniziativa Corona. Con questo post apro una parentesi sulle numerose location in Basilicata)

In quest'ultimi anni sono stati girati sempre più film in Basilicata. Il caso più conosciuto è quello di The Passion di Mel Gibson. Ma c'è anche Io non ho paura di Salvatores ed in questo periodo è nelle sale un film interamente girato a Matera e dintorni: Il rabdomante. (Ho appena visto su internet che lo danno al cinema Duni a Matera). Anche diversi spot pubblicitari sono stati girati in Basilicata in quest'ultimi tempi. Vedi quello della Grande Punto.
E' soprattutto la zona di Matera ad essere coinvolta. Ed a Pisticci ogni anno un'associazione culturale organizza un bellissimo festival di cortometraggi: Lucania Film Festival. So che alcuni cineasti venosini non l'apprezzano molto ma a me invece piace moltissimo. Non sindaco sulla competenza delle giurie, ogni anno però il festival fa sempre passi avanti degni di nota.
Citerei anche il Potenza Film Festival. Non vi ho mai partecipato ma è comunque un festival conosciuto a livello nazionale, quindi dovrebbe essere un buon festival.

Da anni si dice che Bertolucci vuole fare un film su Gesualdo e che dovrebbe venire anche a Venosa a girare. Ma quando lo fa?

E soprattutto, perché non promuoviamo Venosa come location anche per altri film vista la bellezza del nostro paese e visto che qualche Pro Loco MINACCIA ancora di volerla promuovere con la spazzatura?

PS: approfitto di quest'argomento per complimentarmi con i ragazzi di Venosa che hanno messo su l'etichetta FilmDiscaunt. Apprezzo molto i loro lavori e mi faccio promotore di una serata con intera proiezione di tutti i loro lavori. Per quanti non lo sapessero segnalo che il documentario "Lo sciopero di Girasole" sta vincendo premi di un certo rilievo in tutto il territorio nazionale.

Viva Venosa. Abbasso chi la offende.

La televisizzazione delle piazze: TV e coscienza critica del tele-spettatore

Vorrei approfondire il discorso sulla televisizzazione delle piazze con una serie di post. Oggi mi soffermo sul rapporto tra la TV e la coscienza critica del tele-spettatore.


Pasolini condannava lo strumento televisivo in quanto diceva che per forza di cose chi lo frequenta si pone dall'alto rispetto al tele-spettatore. E tutti i rapporti verticali per Pasolini erano anti-democratici.

Quando ho ascoltato per la prima volta Pasolini esprimere queste sue considerazioni, ho pensato che questo discorso potrebbe valere anche per il rapporto scrittore-lettore, regista-spettatore, e così via. Oggi invece capisco che c'è un'enorme differenza. Spesso il rapporto televisione-spettatore è senza filtri, senza mediazione. Dirò di più: mediare ciò che si vede tramite una propria coscienza critica non è essenziale affinché il mezzo televisivo ci sia. La maggiorparte delle cose che si vedono in TV non hanno bisogno di nessuna mediazione. Ed a pensarci bene anche le cose di maggiore qualità non hanno bisogno di nessuna mediazione. Il mio programma televisivo preferito è Passepartout. Ma io lo vedo come chi appassionato di calcio segue un programma sul calcio. Cioè non lo vedo per pormi domande, per riflettere, semplicemente lo vedo perché sono appassionato di arte e mi piace il modo in cui viene raccontata l'arte in quel programma. Un programma come Report è invece un programma di informazione, non mi si dica che sviluppa discorsi critici. I format con dibattiti su temi politico-sociali si rivolgono alle coscienze? In realtà sono sempre programmi in cui si avvalorano tesi e non in cui si creano spunti di ricerca critica. A me sembra che chi parla in TV è come se pensasse solo ed esclusivamente ad avere ragione (o meglio, a voler che gli si dia ragione). Lo sviluppo del discorso non ha alcun valore in sé ma è solo un veloce montaggio per arrivare al risultato finale. La televisione può al massimo essere veicolo di tesi costruite ed elaborate altrove, ma la domanda è: può una coscienza svilupparsi se non è partecipe del processo di sviluppo di una tesi? No. Le teorie di un professore universitario possono avere un effetto sulla coscienza dello studente nel momento in cui lo studente segue lo sviluppo di quelle teorie durante un percorso di lezioni. In TV è come se si leggessero i commenti sui libri senza leggere i libri. Pensate proprio ai programmi in cui si parla di un libro. Se ne parla e poi "ipocritamente" (cioè solo per scopi promozionali) s'invita a leggere il libro. Ma è una falsità. In realtà il programma sta benissimo in piedi anche se non si è letto il libro e se non si leggerà mai il libro, perché strutturalmente la televisione veicola risultati, veicola effetti, veicola conseguenze, in TV si parla del prodotto finito e non di come si arriva a quel prodotto.

Blob è forse l'unico programma televisivo che parla alle coscienze.

martedì 11 settembre 2007

CORONA, DUINO, I RAGAZZI DELLA CONTESTAZIONE, PIERPAOLO, MARCO, ROCCO, MARIA/CONCETTA, FABIO, TIZIANO, LEONARD, CAMUS

(visto che si parla della mia estate a Venosa, riporto anche su questo diario venosino un post che ho scritto sull'altro mio blog eyeswideopen.splinder.com )

Sono di ritorno per Roma.

La mia estate è cominciata con il post In famiglia siamo pochi in cui raccontavo il mio viaggio per Venosa da Roma ed ora finisce sull'autostrada opposta. A farmi compagnia durante il tragitto ci sono sempre le solite cose: i miei pensieri e la musica di Leonard Cohen.

E' evidente che quest'estate ho immaginato tutto.

Ho trascorso una notte al cimitero. Mi sono vestito da prete. Ho rilasciato interviste alla radio e in TV. Ho scritto un articolo su un quotidiano. Ho montato un documentario. Ho messo su un piccolo centro sociale: tavolo da ping pong più videoproiettore.

E soprattutto ho conosciuto tante persone. Nel post In famiglia siamo pochi ironizzavo sul fatto che se mi candidassi alle elezioni comunali le vincerei con facilità, in quanto essendo pochi in famiglia, non conoscendo nessuno in paese e non avendo quindi familiari o conoscenti da sistemare, farei di certo il bene della comunità. Ma dopo questa estate il numero di persone che conosco è salito moltissimo. Soprattutto grazie a Fabrizio Corona e al presidente della Pro Loco di Venosa, Michele Duino.

Ebbene sì. Fabrizio Corona e Michele Duino mi hanno regalato un momento di gloria cittadina. Non so come e non so quando, ma soprattutto non so perché, nel bel mezzo dell'estate mi sono ritrovato ad essere il portavoce del gruppo di ragazzi che si è opposto all'iniziativa voluta dalla Pro Loco di Venosa di invitare Fabrizio Corona sul palco della Notte Bianca. La notizia di questa contestazione è finita addirittura sui giornali e telegiornali nazionali. Sono convinto che tale clamore mediatico ci sia stato soprattutto perché quelli del Caso Cogne e Sgarbi erano in ferie.

Con l'avvicinarsi del giorno dell'esibizione di Corona diventavo sempre più conosciuto in paese e venivo sempre più spesso invitato da radio, giornali e qualche TV a rilasciare dichiarazioni. In un certo senso mi cominciavo a sentire come l'anti-Corona. E così il successo cittadino e la sensazione di essere l'anti-Corona mi rendevano talmente felice e soddisfatto che ad un certo punto mi sono inventato di tutto pur di uscire da quella situazione. Ho sfoderato riflessioni hegeliane, ho creato traumi psichici e crisi esistenziali, ho contrapposto Benigni a Corona, tutto ciò pur di tirarmi fuori da quella contestazione.

Eppure a pensarci bene, io sono davvero il perfetto anti-Corona. Abbiamo la stessa età e quindi la sfida ci sta tutta. Lui è abbronzatissimo e io pallidissimo. Lui ha folti capelli e tenuti ben in ordine, io sono praticamente calvo e la mia calvizie è del tutto disordinata. Lui è super-palestrato ed io sono super-ingessato. Lui si muove con disinvoltura, da vero fico, ed io ho un sex appeal ridotto ai minimi termini. Lui è brutto ma sembra bello in quanto ben truccato e curato, io sono bello ma sembro brutto perché nessuno mi trucca e mi cura. A lui piacciono le donne fiche come Nina Moric e a me piacciono le donne artiste come Carmen Consoli. Ad entrambi piacciono molti soldi ma non ho capito ancora lui cosa se ne vuole fare. Dice che vorrebbe andare a vivere al mare per sempre oppure che vorrebbe aprirsi un risotrante a New York. Io andrei a trovare tutti i miei amici che sono un po' ovunque in Italia ed anche in Europa, poi vedrei tutti i film belli del mondo, visiterei tante mostre, girerei l'Italia alla ricerca di talenti cinematografici.

Sul serio, grazie Corona, grazie Duino. Questa estate ho conosciuto dei ragazzi bellissimi ed intelligentissimi, i ragazzi della contestazione tanto per intenderci. Quei ragazzi che Duino ha sbeffeggiato dicendo che pensano solo a bere e fumare. Inananzi tutto vorrei dire a Duino che non è vero che questi ragazzi pensano solo a bere e fumare, loro bevono e fumano. Scherzi a parte, sono ragazzi eccezionali, ragionano sulle cose in modo puntuale, parlano con cognizione di causa, agiscono in modo preciso ed efficace. Sono anche artisti. Come dimenticare la storia di un ragazzo musicista che ha raccontato di essere finito per una notte in carcere per una serie di visissitudini legate al suo rifiuto di eseguire sul palco "musica da passeggio" . Oppure la storia di una ragazza che ha raccontato che per dipingere è costretta ad andare a casa di un amico in quanto casa sua non ha gli spazi adeguati. Ho così immaginato la scena dei due ragazzi che s'incrociano per strada, l'uno con la chitarra sotto il braccio portato dai carabinieri in caserma e l'altra che con i pennelli sotto il braccio si accinge a raggiungere la casa dell'amico per dipingere. Ma non ho immaginato solo la scena dell'incontro tra i due ragazzi artisti, quest'estate ho immaginato tutto quello che ho fatto ed ho immaginato tutte le bellissime persone con cui sono stato.

Ho immaginato i ragazzi della contestazione. Ho immaginato Pierpaolo il ragazzo più bello di tutti ed è lui che mi ha aperto le porte della comunità venosina. Ho immaginato Marco che nella sua officina ha realizzato il Silanone (un carrello artigianale con dolly che abbiamo usato per le riprese del corto). Ho immaginato Rocco che con la sua macchina fotografica ha scattato foto bellissime. Ho immaginato Fabio correggere tutti gli attori che sbagliavano la parte (a proposito, ora sto immaginando che Fabio sta scrivendo il capolavoro dei capolavori). Ho immaginato Maria Concetta che mi contestava qualunque cosa dicessi e pensassi (anche se lei contesta questa mia affermazione. ah ah). E soprattutto ho immaginato Tiziano riempire le mie giornate di riflessioni sull'arte, di cortometraggi, documentari, musica, fotografia, di birre kiatratissime e focacce deliziose, di giri in macchina sempre con Leonard come sottofondo, di passeggiate straordinarie avvolti dal silenzio della luce e dei muti vicoli del centro storico di Venosa.

Forse ora sto anche immaginando di innamorarmi. Che culo avrei se mi innamorassi nel periodo in cui ascolto Leonard Cohen. Il sentimento si eleva ed anche la sofferenza viene sublimata. Pensa alla sfiga di chi s'innamora mentre ascolta Gigi D'Alessio.

E' stata l'estate di Leonard Cohen. Della sua musica che ha definitvamente conquistato la mia immaginazione sempre in bilico tra sogno e realtà. Amare Leonard Cohen è un privilegio.

E' stata anche l'estate della lettura dello Straniero di Camus. Ho 32 anni e so capire quali sono le cose della mia vita che potrebbero essere passeggere anche se intense e quali cose invece si "depositano" nella mia coscienza per non andare più via. Lo Straniero rimarrà per sempre dentro di me.

Ma soprattuto è stata l'estate in cui ho capito definitivamente che la noia non nasce dal non aver nulla da fare ma dal non aver voglia di fare nulla.

Grazie a tutti e soprattutto grazie alla mia immaginazione.

Buon autunno a tutti.

domenica 9 settembre 2007

HO VISTO IL VIDEO DI CORONA A VENOSA

Corona ha detto alcune cose che condivido.

Un programma televisivo come Porta a Porta che ormai da anni continua a mettere su puntate sul Caso Cogne fa sciacallaggio esattamente come quello che ha fatto lui a Garlasco. Corona dice che lui non deve essere preso come modello morale e che effettivamente il suo lavoro così come quello di Vespa, non è un lavoro eticamente accettabile. Come dimenticare l'apice della televisione spazzatura raggiunto da Vespa quando per pubblicizzare l'ennesima puntata sul Caso Cogne ha mostrato uno zoccolo e un mestolo dicendo: "Lo zoccolo o il mestolo? Quale è stata l'arma del delitto?"

Corona però non capisce che lui rappresenta qualcosa di peggio rispetto ai programmi che fingono di fare cronaca e che invece fanno fiction e quindi sciacallaggio sulle tragedie umane. Andando a Garlasco Corona è diventato uno dei componenti della fiction. Cioè lui è lo sciacallo ma allo stesso tempo è anche attore.
Anche se, a dir il vero, gli ospiti fissi di Vespa sul Caso Cogne sono anch'essi come degli attori protagonisti della ex drammatica vicenda, "ex" perché ormai il Caso Cogne è solo fiction. In realtà non esiste il Caso Cogne staccato da Porta a Porta, sono ormai un tutt'uno.

Non mi è piaciuto affatto quando Corona ha tirato fuori demagogicamente il discorso sull'ospedale. Lui è un ragazzo intelligente e sa di aver usato in modo demagogico quella polemica solo perché si trattava di una polemica efficace. Ma non mi è piaciuto che da una parte ha giustamente spiegato i meccanismi cinici dei media di cui lui dice di far immoralmente parte e poi dall'altra, ha usato quei meccanismi senza svelarne il trucco. Da questo punto di vista il suo comportamento è stato davvero deprecabile.

Corona ha quindi cercato l'interazione con il pubblico, e così la piazza si è ben presto trasformata in una piazza televisiva. La ritengo una cosa gravissima. La nostra battaglia volta a tenere lontana la televisione dalle piazze reali deve essere forte ed energica. La televisizzazione delle piazze è un'operazione becera, volgare e ci fa arretrare culturalmente in modo inaccettabile.

Verso il finire della puntata (perché di programma televisivo si trattava) i fischi hanno cominciato a diminuire ed anch'io vedendo il video ho cominciato quasi ad essere coinvolto da quel talk-SHOW. Tutto ciò non perché Corona sia stato bravo a conquistare la piazza ma semplicemente perché gli spettatori in piazza e io tele-spettatore abbiamo cominciato ad assefuarci, abbiamo cominciato ad abituarci all'idea di quel talk-show, di quel format televisivo esportato nella nostra piazza. Ed è proprio questo quello che temo. Se continuassimomo su questa strada ci abitueremmo anche alla televisizzazione delle nostre piazze e magari oggi abbiamo fischiato ma domani ci piacerebbe avere questo tipo di iniziative nelle nostre piazze con un imbarbarimento culturale davvero deprecabile.

Non abbassiamo la guardia. Se vogliamo una vita più serena, più dignitosa, più intelligente dobbiamo stare attenti a che questo tipo di iniziative non abbiano più luogo.

martedì 4 settembre 2007

Il Tarlo

Il Tarlo non sarà una nuova associazione. E' stato deciso così. Ed è una decisione fondamentale.

Il Tarlo sarà un movimento, un gruppo sempre aperto a chiunque volesse dare il proprio contributo. Obiettivo principale è quello di rivitalizzare la vita politico-sociale (e quindi anche culturale) di Venosa.

Il Tarlo vuole essere soprattutto un sostegno per tutte le associazioni già esistenti nel territorio venosino. Ci proponiamo di suggerire alle associazioni iniziative e quindi collaborare alla loro realizzazione, e viceversa, ci proponiamo di collaborare alla realizzazione di iniziative che loro vorranno proporci. Inoltre, vorremmo accrescere il tasso di conoscenza (e quindi di coscienza) della popolazione. Quindi è nostro obiettivo quello di proporre convegni, dibattiti e qualunque tipo di iniziativa che faciliti la diffusione della conoscenza su problematiche di carattere politico-sociale (quindi anche culturale, ambientale, ecc.).

Difficilmente il Tarlo prenderà posizione come movimento, come gruppo su questioni che meritano approfondimento. Ad esempio, il Tarlo non prenderà attualmente posizione sui problemi dell'Ospedale di Venosa ma ci proponiamo di sostenere chiunque voglia diffondere conoscenze ed informazioni su questi problemi.

Il Tarlo prenderà posizioni solo a favore di campagne che riteniamo positive a prescindere da qualunque tipo di approfondimento. Un esempio banale: potremmo essere favorevoli a campagne di promozione della donazione del sangue.

Il Tarlo, inoltre, continuerà la sua battaglia contro:
  • tutte le iniziative che offrono un palco al nulla invece che a uomini d’arte, intellettuali, persone impegnate socialmente;
  • l'idea secondo la quale pur di riempire la piazza qualunque iniziativa sia valida;
  • tutte le iniziative che vogliono "televisizzare" le piazze reali, cioè volte a trasformare le nostre piazze in format televisivi con il rischio di mortificare i contenuti e lo spirito delle iniziative che si organizzano nel mondo "reale".
Per raggiungere questi risultati è importante che i componenti del movimento s'incontrino spesso e che si creino dei momenti di dialogo anche on line. Chiunque può partecipare a questi incontri e nel momento in cui si partecipa ci si può ritenere membri del gruppo.

sabato 1 settembre 2007

LA COSTRUZIONE DELLA REALTA'

Verso le due e mezza di notte la madre di Tiziano ci telefona per farci sentire i fischi assordanti contro Corona. Penso quindi che è in atto una forte contestazione. Soddisfatto raggiungo gli altri ragazzi che ballano, ma resto fermo in mezzo a loro perché i pensieri invadono la mia mente. Un'ora prima anch'io avevo ricevuto un SMS in cui mi si diceva che avevamo fatto bene a non essere lì in piazza, che i giornalisti ci cercavano e che la nostra assenza era ormai una presenza.
Il giorno dopo leggo sui giornali che ci sono stati fischi, qualche pomodoro lanciato sul palco. Leggo anche che diversi ragazzi hanno voluto fare una foto con Corona. Ho visto alcuni servizi video in cui si vedeva Corona che diceva un serie di cose seduto sul bracciolo di una poltrona ed in cui si vedevano una serie di giornalisti con i microfoni in mano. Poi ho visto Corona affrontare un ragazzo al quale gli chiede perché gli sta dando del coglione e il ragazzo non sa rispondere. Le immagini si soffermano anche sulla folla ma non si capisce quante persone siano e sinceramente non si capisce nemmeno in quanti fischiassero.
Dalla visione dei video e dalla lettura dei giornali si capisce ben poco. Non si capisce quanto sia stata ampia la contestazione, non si capisce quante persone hanno gradito l'esibizione, non si capisce quanti ragazzi volevano essere ritratti con Corona e quanti lo sono stati.

I media suggeriscono la costruzione della realtà che si va a comporre nelle nostre menti. Ma chi come me filtra quello che vede e legge cercando solo dati oggettivi è rimasto abbastanza insoddisfatto dalla costruzione proposta.

Due fatti ritengo rilevanti:
1. Corona ha attaccato la magistratura
2. Corona sedeva in modo scomposto. I giornalisti che invece sedevanoin modo composto mi hanno fatto un po' pena e tristezza, al posto loro sarei andato via. Non si è mai visto che chi fa le domande siede in modo educato e chi risponde invece si accomoda sul bracciolo della poltrona. Cari giornalisti non avete partecipato ad un talk-show ma siete stati coinvolti in un imbarazzante show senza talk.

mercoledì 29 agosto 2007

PROGRAMMAZIONE CULTURALE

Esiste una programmazione culturale nel nostro paese?
Le iniziative che il Comune promuove od organizza rientrano in una programmazione culturale definita in qualche documento oppure sono iniziative sporadiche che rientrano in un eventuale "macro-punto" di un programma elettorale? Oppure il Comune si affida ad enti terzi in tema di programmazione culturale?

Le mie non sono domande polemiche perché le polemiche proprio non m'interessano. Sono semplici domande per capire. Secondo me prima di valutare la bontà e la qualità di un'iniziativa culturale, da qualche parte ci devono essere degli obiettivi che s'intendono perseguire, le linee di tendenza che si vogliono tracciare in termini di proposte culturali. Non credo sia sufficiente un "macro-punto" di un programma elettorale, ammesso che esista.

Per poter valutare l'operato di un'Amministrazione Comunale bisogna avere dei documenti scritti in cui l'Amministrazione ha stabilito i propri obiettivi e gli strumenti per raggiungerli. Questo documento si chiama appunto programma elettorale. Ma se il programma elettorale è troppo generico sono necessari documenti di maggiore dettaglio.

Faccio un esempio. Come faccio a valutare la programmazione cinematografica estiva se non so in quale quadro di proposte s'inserisce? Se il Comune in un eventuale documento di programmazione culturale ha scritto che d'estate bisogna promuovere il cinema italiano allora mi aspetto diversi film italiani usciti durante l'anno. Se non ci saranno allora potrò giudicare in modo negativo l'operato del Comune. Se invece il Comune dice: d'estate bisogna aiutare il Cinema a fare cassa ma allo stesso tempo bisogna promuovere anche i film meno conosciuti, allora mi aspetto tanti film "commerciali" e almeno una rassegna con film più "autoriali".

Insomma, prima di valutare le iniziative culturali in sé mi piacerebbe poter valutare le idee sulla base delle quali si organizzano o si promuovono certe iniziative.

Queste sono le prime domande che ho voluto porre, ma ne ho tante altre che proporrò nei giorni successivi.

lunedì 27 agosto 2007

NELL'AGOSTO DEL 2007

Non è una semplice e banale questione: Corona sì, Corona no. Il problema è molto più ampio. Ma cerco di affrontare la complessità della questione partendo dalle critiche che ci sono state mosse. Mi soffermo solo lì dove ritengo la mia risposta possa arricchire il dibattito in termini di novità e approfondimento. Tanto per capirci, è inutile ed improduttivo replicare alla polemica che ci vuole solo dei nullafacenti che bevono e fumano.

1. Prima critica: con la nostra contestazione abbiamo fatto pubblicità a Corona. Io direi che bisognerebbe discutere sulla bontà delle motivazioni che ci hanno portato a contestare. Quindi bisognerebbe valutare se l'effetto indiretto di fare pubblicità a Corona sia più rilevante rispetto ai messaggi e agli effetti della nostra contestazione. Tanto per fare un esempio, prima di dire che Woodcock ha fatto pubblicità a Corona, bisogna analizzare se i risultati della sua indagine (al di là del fatto che i magistrati hanno l'obbligo di indagare) sono più importanti della pubblicità che è stata fatta indirettamente all'imputato. Ed inoltre, chi polemizza con noi su questo punto deve sapere che uno dei motivi fondamentali che ci ha indotti ad agire è stata proprio la trionfale pubblicità che sui media si stava facendo all'evento. Bisognava tacere di fronte al fatto che si presentava (pubblicizzava) l'intera Basilicata come regione felice di accogliere Corona e solidale con la sua disavventura giudiziaria? Venosa dovrebbe essere pubblicizzata per la sua incommensurabile bellezza, per il suo elegante centro storico, per i suoi monumenti suggestivi e storicamente importanti, per aver dato i natali a personalità famose in tutto il mondo, e non ultimo per aver dato oggi i natali a persone che si distinguono con il loro lavoro artistico e non anche a livello nazionale . Ma se la si vuol far diventare famosa per il fatto che dà un palco a Corona, allora è meglio che lo diventi per il fatto che quel palco glielo si vuole togliere. Infine sottolineerei che anche polemizzare con noi crea l'effetto indiretto di pubblicizzare Corona.
2. Alcuni ci hanno rimproverato che Corona non è molto diverso da altri personaggi del mondo dello spettacolo. Oppure ci è stato detto che la sua esibizione non è poi così diversa da altri tipi di spettacolo. Sono quasi d'accordo con queste opinioni. Però, riflettiamo un po', è del tutto vero? O ci troviamo di fronte ad un apice, all'apogeo della volgarità? Corona è un personaggio ahimè attraente per molti giovani e lui esibisce il suo cinismo morale quasi fosse un Oscar Wilde dell'ultima ora. Ed inoltre, se non fossimo intervenuti noi con la nostra contestazione, lui avrebbe usato il palco per esibire e spettacolarizzare le sue "verità" giudiziarie. Ed un ultimo elemento sociologicamente fondamentale che contraddistingue l'esibizione di Corona da altre che noi riteniamo essere come la sua, è il fatto che mai credo in Italia si siano esportate nelle piazze "reali" vicende dalla risonanza essenzialmente mediatica. Tanto per capirci, il festivalbar è sì un evento mediatico ma con cantanti veri (a prescindere dal nostro giudizio di merito). Qui invece siamo di fronte alla "televisizzazione" della piazza. Si vuol far diventare le nostre piazze come il format televisivo di quei talk show che spesso creano l'evento invece di raccontarlo o di quei programmi sul mondo dei vip che noi vorremmo già non ci fossero in televisione figuriamoci nelle nostre piazze.
3. Ci è stata mossa la critica di aver usato le parole "cultura" e "libro" contribuendo all'idea sbagliata che la cultura e i libri siano quasi una "faccenda elitaria". Ed inoltre ci è stato detto che non tutti i libri sono buoni libri. Come non essere d'accordo sul fatto che il libro di Corona non sia un buon libro? Noi abbiamo usato questi vocaboli per opporre al mondo della superficialità e del banale cinismo morale rappresentati da Corona, ciò che è invece simbolo o metafora di approfondimento, riflessione. Inoltre ci piaceva oppore l'immagine quasi magrittiana della piazza con le spalle rivolte al palco e piena di libri all'immagine gretta di un palco che "visivamente" si accinge a sporcare di volgarità la nostra Venosa. Insomma, bisognava entrare un po' più nello spirito della nostra polemica.
4. Dopo la nostra decisione di non essere in piazza ci è stata mossa la critica di non essere coerenti. Spero che il nostro manifesto/volantino/comunicato stampa dia ampie motivazioni sul fatto che noi riteniamo che il contesto sia molto cambiato rispetto ad un mese fa e le contestazioni vanno sempre collocate nel contesto da cui nascono altrimenti diventano lotte astratte. Un mese fa ritenevano importante essere sul luogo del delitto ad opporci al delitto. Ora dopo i risultati che crediamo di aver raggiunto, sentiamo che è come se sul luogo del delitto ci fossimo già stati ed abbiamo colto tutti in flagrante. Oggi la contestazione del libro non ha più senso. Riteniamo che nessuna contestazione abbia più senso. Infatti non abbiamo invitato nemmeno a disertare, semplicemente abbiamo detto che noi non ci saremo.
5. Ultima e banale critica: ci sono problemi più importanti di Corona. Sulla base di questa critica direi che dovremmo fermare il mondo ed occuparci solo di fornire medicinali a chi soffre (e spesso muore) perché non ne ha. Se si ragiona così non si fa mai nulla. E' come dire anche che i tifosi del Venosa invece di perdere tempo la domenica ad andare al campo sportivo o ad organizzare feste per la promozione in serie D, dovrebbero occuparsi del problema dell'ospedale. Ma che discorsi sono?

Dopo lo sgonfiarsi del clamore mediatico e dei facili umori di piazza, spero rimarrà agli atti che un gruppo di ragazzi, nell'agosto del 2007, ha deciso che era arrivata l'ora di dire basta all'imbarbarimento culturale, all'inciviltà, alla volgarità che stanno sempre più sporcando le coscienze delle persone.

sabato 25 agosto 2007

UNA LETTURA HEGELIANA DELL’EVENTO CORONA A VENOSA

Un mese fa la TESI era questa: Corona torna da trionfatore in Basilicata, la Basilicata si lega alla sua disavventura giudiziaria, Venosa lo accoglie con gioia, Corona riempirà la piazza e quindi Venosa ne beneficerà in termini di turismo, Corona parlerà delle sue vicende giudiziarie e ci farà delle rivelazioni.

La nostra ANTITESI è stata questa: attaccare il modo trionfalistico in cui si stava pubblicizzando la notizia, evidenziare che non era vero che la Basilicata si legava alla disavventura giudiziaria di Corona, dimostrare che Venosa era contraria all’evento, contestare l’idea che qualunque iniziativa sia buona pur di riempire la piazza, impedire che Corona parlasse in modo spettacolarizzato delle sue vicende giudiziarie, infine opporre al mondo della superficialità rappresentato da Corona quello della “cultura”, cioè della riflessione, dell’approfondimento, simbolicamente rappresentato dal libro.

In un mese la situazione si è modificata. La nostra ANTITESI ci ha permesso di raggiungere diversi obiettivi. L’esibizione durerà solo pochi minuti, Corona non parlerà delle sue vicende giudiziarie, Venosa è conosciuto come il paese che si è opposto alla sua esibizione.

Però la SINTESI è in agguato: lo spettacolo. In realtà un momento di sintesi è sempre stato presente: la pubblicità. Contestando non si fa ugualmente pubblicità? La pubblicità è il passo successivo della visibilità. La visibilità è il passo successivo della notizia. Ecco, a noi interessava dare come notizia che Venosa non voleva questa esibizione e volevamo far capire i motivi della contestazione. Se dalla notizia si passa alla visibilità e quindi alla pubblicità, è solo colpa dei media. Ed una volta che si arriva a ragionare in termini di pubblicità pensiamo che tutto sommato sia molto meglio che Venosa sia pubblicizzata come paese che contesta l’esibizione di Corona e non come paese che lo accoglie sul palco. Ma è ovvio che noi vorremmo che Venosa venisse promossa per quella meravigliosa città che è e per le sue radici storico-culturali.

Ma torniamo all’elemento di SINTESI che si è venuto a delineare in questi ultimi giorni. Siccome riteniamo che l’evento si sia ridimensionato, la contestazione lì in piazza quella sera, ha ancora senso? Avevo i miei dubbi a riguardo. Quando è stato annunciato che Corona avrebbe letto le Odi di Orazio ho capito che la TESI voleva inglobarci nella SINTESI rappresentata dallo spettacolo. Essere in piazza significherebbe diventare elementi dello spettacolo.

Noi non ci saremo.

venerdì 24 agosto 2007

NON FAREMO PARTE DELLO SPETTACOLO

E' stato difficile opporsi all'iniziativa che ha voluto Corona sul palco cercando di far capire le motivazioni della contestazione, non usando facili slogan, non replicando mai alle polemiche sterili, concentrandosi solo sui contenuti e sul modo in cui veicolarli.

E' stato difficile perché, messa in questo modo, la nostra è stata soprattutto una "battaglia culturale".

Abbiamo cominciato questa lotta perché non accettavamo non tanto l'esibizione di Corona in sé (anche quella ovviamente) ma soprattutto il modo in cui si stava promuovendo tale esibizione e le motivazioni che avevano portato a volerla.

Tante decisioni importanti sono state prese nel corso di questo mese. Innanzi tutto si è discusso più di dieci giorni sui contenuti e sulla forma del manifesto "La cultura contro la volgarità". Volevamo che il manifesto spiegasse cosa contestavamo dell'iniziativa della Pro Loco e non fosse banalmente costituito da una serie di slogan su cui facilmente trovare il consenso dell'opinione pubblica. Non volevamo dare l'idea che noi fossimo semplicemente degli anti-Corona. E già dal titolo speravamo si capisse che per noi il problema era più ampio. Abbiamo optato per una linea di contestazione nei confronti della Pro Loco di Venosa che fosse mirata solo a questa iniziativa. Ed inoltre abbiamo deciso di combattere con forza la dichiarazione allucinante con cui il Presidente Duino aveva affermato che la Basilicata si legava alla disavventura giudiziaria di Corona. Con questo semplice manifesto dei ragazzi soprattutto minorenni (chi scrive ha 32 anni ed è uno dei più adulti del gruppo) si sono esposti e volgarmente (ma me l'aspettavo, se ci fosse meno volgarità in generale difficilmente Corona il 28 sarebbe sul palco) sono stati attaccati su più fronti. Chi ha voluto contestare l'uso che si faceva della parola "cultura" e del simbolo "libro". Chi ha contestato loro il fatto di essere degli esibizionisti in cerca solo di gloria mediatica. Chi ha dato loro dei nullafacenti che pensano solo a bere e fumare. Chi voleva ad ogni costo che questi ragazzi fossero pedine manovrate da altri.
Ma vi rendete conto quanta volgarità c'è nell'astio con cui si attacca dei sedicenni che hanno deciso in modo spontaneo di formarsi in gruppo e combattere una battaglia per il proprio paese?
Al di là della bontà delle critiche, la violenza verbale con cui sono state proposte è a dir poco deplorevole. Nel migliore dei casi è stato detto loro di essere come Corona.
Dopo il manifesto, insieme ai ragazzi, si è deciso di raccogliere le firme in quanto atto concreto che testimoniasse cosa pensavano i venosini dell'evento. Quindi si è deciso di proporle in Consiglio Comunale il quale ha dichiarato all'unanimità l'inopportunità dell'iniziativa.
Poi ancora polemiche ed attacchi. Il Presidente Duino non ha mai perso occasione per attaccarci. Ma noi abbiamo deciso di non replicare perché le repliche non avrebbero contribuito ad arricchire il dibattitto con elementi di novità.
Ed ora siamo arrivati quasi al giorno dell'esibizione di Corona. Ancora una volta i ragazzi stanno dimostrando molta maturità. Insieme abbiamo capito che l'evento non è più quello promosso un mese fa. Molte cose sono cambiate, ne ho parlato in un altro post. Vorrei solo sottolineare che addirittura si è arrivati alla farsa, alla pantomima: Corona leggerà le Odi di Orazio. Ovviamente in modo provocatorio nei confronti delle nostra contestazione. Sottolineerei che due mesi fa, a Potenza Benigni ha letto Dante, a Venosa Corona leggerà Orazio. Insieme ai ragazzi si è deciso di continuare questa lotta ma dal 29 agosto in poi. Considerando l'evoluzione degli eventi, qualunque tipo di contestazione, il 28 agosto, rischierebbe di essere assorbita nello spettacolo.

venerdì 17 agosto 2007

GIUDIZI MORALI E CENSURA

Nel contestare l'esibizione di Corona abbiamo evidenziato che siamo garantisti. Quindi non vogliamo Corona sul palco non perché sia indagato. Non lo vogliamo essenzialmente per 4 motivi che non riporto per ordine di importanza:

1. faremmo esibire quello che è, a nostro avviso, un cattivo esempio morale
2. faremmo esibire una persona che non è uomo di arte (non canta, non recita, non suona, non balla), non è un intellettuale, non è una persona socilamente impegnata
3. pagheremmo una persona indagata per fargli parlare pubblicamente ed in modo spettacolare delle sue verità giudiziarie (quindi attenzione non è l'essere indagato in sé che contestiamo)
4. siamo contrari al fatto che debbano essere "esportate" nelle piazze "reali" d'Italia vicende essenzialmente dalla forte risonanza mediatica ma che poco c'entrano con il contesto socio-culturale, ad esempio, della nostra Venosa.

Mi vorrei soffermare sulla prima motivazione. Alcuni contestano questo nostro atteggiamento moralistico dicendo: chi siamo per giudicare? E soprattutto, la censura che tutti noi mal sopportiamo non nasce proprio dal vietare pubblicazioni o esibizioni di ciò che si ritiene moralmente scomodo?

E' inutile voler nascondersi dietro un dito: la questione è seria ed importante.
Ci sono ovviamente casi di immoralità che la legge per forza di cose deve censurare. Ma il caso Corona è da censura? A mio avviso, no.
Non farei mai una legge in cui si scriva che Corona non possa salire sul palco. Ed è per questo che non condivido le forti posizioni di chi vuole che il nostro Comune debba togliere la piazza a Corona. Questo però non significa che io, non condividendo il fatto che si dia la possibilità di far esibire un cattivo esempio morale, non possa combattere affinché chi vuole questa esibizione si convinca delle mie idee e decida di ritirare l'iniziativa o comunque di non farne altre simili per il futuro. Inoltre, implicitamente sto affermando che comunque noi cittadini abbiamo tutti i diritti di esprimere giudizi morali.

Altro discorso invece merita il garantismo. Nessuno di noi ha mai contestato il fatto che Corona non potesse salire sul palco perché indagato. Noi però abbiamo tutti i diritti di esprimere un giudizio morale su ciò che è emerso da queste indagini e su ciò che lo stesso Corona racconta. Ma lo ripeto, sarei contrario a far diventare legge questo giudizio morale e sono contrario al fatto che si chieda di ritirare la piazza. Il Consiglio Comunale ha fatto benissimo ad esprimere un parere sulla vicenda dichiarando inopportuna l'iniziativa della Pro Loco. Dovrebbe essere la Pro Loco a capire di aver sbagliato e quindi ritirare l'iniziativa. Il Comune fa benissimo a non togliere la piazza.

giovedì 16 agosto 2007

SUL CONCETTO DI CULTURA

L'aver definito "volgare" l'esibizione di Corona e i motivi che hanno portato a volere la Pro Loco di Venosa tale esibizione, e l'aver voluto opporre a tale definizione la parola "cultura", ha suscitato nel paese un dibattito su cosa significhi cultura.

La mia idea è che già per il fatto che siamo riusciti a suscitare questo dibattito, stiamo facendo "cultura".

Io uso il termine "cultura" con due accezioni apparentemente diverse e che invece proverò a spiegare essere complementari. La cultura degli individui, appartenenti ad un certo contesto sociale, è il modo in cui quegli individui guardano al mondo, è in sintesi il modo in cui vivono, il modo in cui riflettono, il modo in cui rispondono agli input del mondo esterno. La mia cultura mi ha fatto risentire del fatto che Corona venisse ad esibirsi sul palco a Venosa. La cultura del Presidente della Pro Loco invece lo ha portato a volere questa esibizione. La cultura di Corona lo induce ad essere desideroso di venire in Basilicata. La cultura dei mass media li spinge a venire a raccontare queste vicende.

Cultura è ciò che è profondamente radicato dentro di noi, cultura sono i parametri che abbiamo assimilato e interiorizzato con cui, come dicevo, guardiamo al mondo. Sono profondamente convinto di queste mie idee ed infatti quando ho elaborato insieme agli altri la strategia di contestazione nei confronti dell'iniziativa proposta dalla Pro Loco, ho sempre avuto bene in mente l'idea che giorno dopo giorno bisognava far prevalere la nostra cultura (nel senso di farla attecchire) alla cultura di Corona e degli organizzatori dell'evento Corona.

Sia ben chiaro, queste sono facili schematizzazioni. E' evidente che la mia cultura, quella di Corona, quella del Presidente Duino, quella dei mass media affondano le radici nello stesso contesto storico-sociale e quindi, per forza di cose, è evidente che le nostre culture s'intersecano, hanno dei punti in comune. Paradossalmente se non fosse così non riusciremmo nemmeno a dialogare tra di noi e a contrastarci.

Chiarito questo punto vorrei porre in evidenza il perché questo modo di intendere la parola "cultura" è complemntare al modo in cui noi l'abbiamo usato nel manifesto La cultura contro la volgarità e al modo in cui continuiamo a contrapporlo al termine volgarità con cui abbiamo definito l'esibizione di Corona e i motivi che hanno portato a volere tale esibizione.

In questo caso è come se usassimo la parola cultura come aggettivo. Proprio perché cultura è ciò che è profondamente radicato in noi ed è ciò che ci porta a vivere e vedere le cose nel modo in cui le viviamo e le vediamo, la parola "cultura" fa rima con approfondimento. Nulla si può radicare in noi se non con il tempo e se non attecchisce dentro di noi. Quindi nell'usare l'espressione La cultura contro la volgarità s'intende dire approfondimento, riflessione, intelligenza in opposizione a superficialità, futilità, "consumismo" (nel senso più ampio del consumare l'evento mediatico più immediato che abbiamo a disposizione).

Di conseguenza noi giudichiamo volgare (nel senso di rozza, superficiale) la cultura (semplificando direi il modo di pensare) che ha portato a volere l'esibizione di Corona e giudichiamo volgare la cultura di Corona in quanto rappresentativa di modelli morali per noi diseducativi e superficiali secondo i quali le cose più importanti nella vita sono il successo e i soldi, e soprattutto l'ottenerli in modo facile. Inoltre riteniamo volgare la cultura che induce Corona a sfruttare il successo mediatico derivatogli dalle sue vicende giudiziarie intrecciate con il mondo del gossip. Riteniamo volgare (e terribilmente pericoloso in termini socio-"culturali") l'esportazione di eventi essenzialmente mediatici nelle piazze italiane. Purtroppo è una sconcertante novità per l'Italia. L'anno prossimo che facciamo, portiamo il caso Cogne a Venosa?

Nella nostra lotta il libro è "usato" quale simbolo di questo modo di intendere la cultura.

Spero di aver persuaso gli intellettuali del paese con queste mie argomentazioni. In realtà confidavo già da prima nella loro intelligenza ed in una loro lettura meno immediata ed approssimativa del nostro manifesto e del modo in cui stiamo conducendo questa lotta.

mercoledì 15 agosto 2007

L'ASSORDANTE RUMORE DEL NULLA

Vi dirò, per me la questione Corona è praticamente archiviata.

E' agosto ed i media non sanno di cosa nutrirsi e così accendono i riflettori sulla nostra Venosa nel momento in cui l'evento Corona si è notevolmente ridimensionato. Ma va bene così. E' positivo che Venosa abbia un ritorno pubblicitario per il fatto che i cittadini e l'istituzione più importante che li rappresenta (il Consiglio Comunale) abbiano ritenuto quanto meno inopportuna la partecipazione di Corona alla Notte Bianca.

Il fatto che ora Corona salga sul palco ha una rilevanza molto limitata. Era importante far capire che questo evento non era voluto da Venosa ma solo dalla Pro Loco. Era importante dare spiegazioni concrete (rimanendo garantisti) del perché non si volesse l'esibizione sul palco di Corona. Era importante condannare l'idea secondo la quale qualunque iniziativa è valida purché si ottenga il risultato di riempire la piazza. Era importante che i giornali la smettessero di scrivere sciocchezze quali "il trionfale ritorno di Corona in Basilicata". Era importante lasciare fuori dal palco le vicende giudiziarie del fotografo.

Per quanto mi riguarda rimane essenzialmente solo un grave problema: bisogna evitare che l'imbarbarimento culturale di cui si nutre la televisione venga "esportato" anche nelle piazze "reali" delle città italiane. L'anno prossimo cosa portiamo sul palco, il caso Cogne? Già in televisione si perde un sacco di tempo a parlare delle vicende giudiziarie e delle vicende legate al mondo del gossip di Corona che a parer mio sono del tutto irrilevanti per le sorti culturali, sociali e direi anche ludiche del Paese, ora vogliamo anche invadere le piazze italiane con questi casi?

Ridimensionato l'evento Corona, l'iniziativa delle spalle rivolte al palco con un libro in mano, diventa il simbolo del silenzio della cultura, dell'approfondimento, della riflessione contro l'assordante rumore del nulla.

venerdì 10 agosto 2007

IL FUTILE FASCINO MEDIATICO

Temo l'arrivo di settembre. L'ho sempre temuto.

A settembre ricomincia la vita che devo vivere. Da bambino la scuola, oggi il lavoro. Ad agosto ho sempre inventato ed immaginato. Da bambino inventavo giochi ed immaginavo di giocarli con gli altri bambini. Oggi invento cortometraggi, iniziative di protesta, post sui blog, ed immagino set, riprese, ragazzi che raccolgono firme, piazze piene di persone con libri in mano, pensieri che si compongono su una pagina bianca.

Vivo nei miei pensieri e nella mia immaginazione. Il concetto di concretezza non mi appartiene. Anche se realizzo ciò che penso, vivo tutto come se accadesse solo ed esclusivamente nella mia mente.

Questo blog è un blog sulla Venosa a cui voglio bene e su quella a cui vorrei tanto voler bene. Gli eventuali lettori non mi chiedano di esprimere pensieri "concreti" sul mio paese. Come faccio ad essere concreto parlando delle strade su cui ho fatto mille giochi, delle scuole in cui sono entrato con una mega-cartella e da cui sono uscito dopo 13 anni di vita, del sole e della pioggia che hanno sempre fatto da sfondo ai miei umori?

Da dove cominciamo? Ahimè dall'esibizione di Corona.

Continuo a definirla esibizione, ma è un'esibizione? Non saprei.
Non saprei proprio come definire quello che Corona farà sul palco in Piazza Castello. La parola spettacolo mi sembra inappropriata, la parola intervista credo sia limitativa, la parola performance la trovo esagerata. Direi che il vocabolario italiano non ha un termine con cui si possa definire questa ".........".

A Venosa conosco pochissime persone e pochissime persone conoscono me. Non conosco il presidente della Pro Loco e credo di non conoscere nessun membro della Pro Loco stessa. Ma vorrei tanto voler bene a tutti loro. Vorrei tanto far capire loro che se amiamo la nostra città non dobbiamo accendere i riflettori sulle nostre piazze con la luce di personaggi televisivi che hanno successo nel modo più improbabile e che proprio non hanno nulla da offrire al nostro paese. Non dobbiamo permettere alla televisione di irrompere anche nelle piazze "reali" della nostra Italia. Il caso Corona doveva essere solo un caso giudiziario ed invece la televisione lo ha barbaramente fatto diventare un caso gossip-giudiziario ed ora ancor più barbaramente vogliamo farlo diventare anche un caso su cui discutere nella nostra bellissima Piazza Castello?

Venosa ha la straordinaria fortuna di essere già di per sé illuminata dalla sua storia, dall'aver dato i natali ad Orazio conosciuto a New York così come a Tokyo, dai suoi bellissimi monumenti, dalla sua luce e dalle sue terre, dal suo elegante centro storico, da una Piazza Castello che è una delle piazze più belle d'Italia. Venosa ha tutti i "contenuti" per poter essere promossa turisticamente. Venosa ha bisogno solo di Venosa per attirare turisti a sé, e non di certo portando nelle nostre piazze personaggi con un successo mediatico fine a se stesso, che alimentano l'idea che il successo e il denaro sono gli unici obiettivi della vita, che per andare sul palco non c'è bisogno di saper cantare, ballare, recitare, suonare ma semplicemente essere personaggi qualunque dal futile fascino mediatico.